LA VITA E' BELLA 

LE REGOLE DEL GIOCO 

Soldato (in tedesco): Ascoltatemi tutti; lo dico soltanto una volta.
Guido: Comincia il gioco, chi c'è c'è, chi non c'è non c'è.
Soldato (in tedesco): Siete stati portati in questo campo per un motivo...
Guido: Si vince a 1000 punti. Il primo classificato vince un carro armato vero.
Soldato (in tedesco): ...per lavorare!
Guido: Beato lui.
Soldato (in tedesco): Ogni sabotaggio è punito con la morte. Le esecuzioni avvengono sul quadrangolare con degli spari alle spalle. (si indica la schiena)
Guido: Ogni giorno vi daremo la classifica generale da quell'altoparlante là. All'ultimo classificato verrà attaccato un cartello con su scritto "asino", qui sulla schiena.
Soldato (in tedesco): Avete l'onore di lavorare per la nostra grande madrepatria e di partecipare alla costruzione del grande Impero Tedesco.
Guido: Noi facciamo la parte di quelli cattivi cattivi che urlano, chi ha paura perde punti.
Soldato (in tedesco): Non dovete scordare mai tre regole generali: 1) Non provate a scappare; 2) Seguite ogni comando senza fare domande; 3) Ognuno che protesta vien impiccato. È chiaro?
Guido: In tre casi si perdono tutti i punti, li perdono: 1) Quelli che si mettono a piangere; 2) Quelli che vogliono vedere la mamma; 3) Quelli che hanno fame e vogliono la merendina, scordatevela!
Soldato (in tedesco): Dovreste essere contenti di lavorare qui. Non succederà niente a quelli che rispettano le regole.
Guido: È molto facile perdere punti per la fame. Io stesso ieri ho perso 40 punti perché volevo a tutti i costi un panino con la marmellata.
Soldato (in tedesco): La compiacenza è tutto!
Guido: D'albicocche.
Soldato (in tedesco): (un altro soldato gli dice qualcosa all'orecchio) Altra cosa:
Guido: Lui di fragole.
Soldato (in tedesco): Quando sentite questo fischio dovete venire rapidamente sul quadrangolare...
Guido: Ah, non chiedete i lecca-lecca perché non ve li danno: ce li mangiamo tutti noi.
Soldato (in tedesco): ...ogni mattina...
Guido: Io ieri ne ho mangiati 20.
Soldato (in tedesco): ...farete una fila, due persone di fianco...
Guido: ...Un mal di pancia...
Soldato (in tedesco): ...ogni mattina...
Guido: ...però erano boni...
Soldato (in tedesco): ...per l'appello.
Guido: ...lascia fare...
Soldato (in tedesco): Altra cosa: lì dietro lavorerete. Capirete facilmente le dimensioni del campo.
Guido: Scusate se vado di fretta, ma oggi sto giocando a nascondino, ora vado, sennò mi fanno tana.

LA VITA È BELLA

Il libro è la sceneggiatura dell'omonimo film.

È ambientato in Italia nel 1938, prima dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale, in uno scenario di dittatura fascista.

Guido Orefice (Roberto Benigni) è un giovane di origine ebraica, da poco trasferitosi nella città di Arezzo dove vive con lo zio e lavora come cameriere al Grand Hotel.

Lì avviene l'incontro galeotto con Dora, maestra elementare che sta per sposare Rodolfo, un funzionario di fede fascista.


Il corteggiamento procede in modo stravagante, fino al momento in cui Dora abbandona la festa di fidanzamento ufficiale con Rodolfo fuggendo con Guido in groppa a un cavallo bianco. Intanto si intensificano gli episodi di aggressione e discriminazione contro gli ebrei.

Sei anni dopo, Guido e Dora, la sua "principessa", sono sposati e genitori felici del piccolo Giosuè a cui il padre cerca di mascherare il vero significato delle leggi razziali. 

Un giorno, proprio durante il compleanno del figlio Giosuè, le truppe naziste irrompono in casa Orefice e ordinano alla famiglia di seguirli: Guido, Giosuè e lo zio vengono caricati dai tedeschi su un treno per essere deportati in Germania.

Dora segue il loro destino e sale anche lei sul treno che porta nel lager, dove si svolge la seconda parte del film.

Mentre il vecchio zio viene poco dopo ucciso, insieme ai vecchi e ai bambini, nella camera a gas mascherata come una doccia, Guido nasconde Giosuè nella baracca cui è assegnato.

Per rendere sopportabile al bambino l'inaccettabile realtà Guido reagisce tempestivamente in modo sorprendente e inventa un gioco: gli racconta che guardie e internati affrontano dure prove per accumulare dei punti e infine ottenere in premio un carro armato vero. Guido così si sfinisce di fatica, ma riesce a proteggere il figlio e a far sapere a Dora, rinchiusa con le altre donne, che entrambi sono ancora vivi.

Giunge finalmente la capitolazione dei nazisti di fronte all'avanzata delle truppe alleate. Nell'evacuazione del campo Guido muore, ma riesce fino all'ultimo a mantenere la finzione del gioco con la quale ha cercato di salvaguardare l'innocenza del bambino. 

Giosuè esulta vedendo avanzare un enorme carro armato americano (lui pensa che quello sia il premio che il padre gli aveva promesso) e ritrova sua madre.

L'ultima inquadratura esprime la stessa speranza che è sintetizzata nel titolo del film. 

Analisi

Il film si apre con una voce fuori campo che recita "Questa è una storia semplice, eppure non è facile raccontarla, come in una favola c'è dolore, e come in una favola, è piena di meraviglie e di felicità."

Come in una fiaba c'è un narratore (Guido). Come in una fiaba il protagonista deve superare delle prove (i punti da accumulare) per conquistare i suoi sogni (il carro armato). Come in una fiaba ci sono le fate buone (Dora) e le streghe cattive (fascisti e nazisti). Come in una fiaba si parla della morte, ma non la si vede mai (la morte dei deportati e soprattutto quella di Guido).

Alla fine del film sentiamo la stessa voce, che scopriamo essere la voce narrante di Giosuè, ormai adulto: "Questa è la mia storia, questo è il sacrificio che mio padre ha fatto, questo è stato il suo regalo per me!"

Un "sacrificio", un "regalo" per preservare da una parte l'innocenza, dall'altra la vita stessa dei bambini e la speranza, almeno per loro, di un futuro migliore.

Benigni attribuisce al personaggio di Guido una figura sempre allegra ed ottimista, un grande uomo che fa di tutta la sua vita un gioco. È così che conquista Dora con il suo corteggiamento gioioso, pur se scandito da cadute, incidenti, acquazzoni ecc., mentre nel lager riesce a far sorridere Giosuè e a proteggerlo fino alla fine.

Pur trattandosi di un film sull'Olocausto, Roberto Benigni dà alla sua opera un titolo che è davvero un inno alla vita: è bella, dice, meravigliosa, fa "sorridere senza un perché" come canta la melodiosa voce di Noa nel pezzo Beautiful That Way che ha dato all'autore Nicola Piovani il meritatissimo Oscar per la Migliore Colonna Sonora.

Benigni fa il suo lavoro con una regia poetica e spensierata, resa tale anche dalla già citata, bellissima, colonna sonora: la sua comicità fatta di giochi tra equivoci e malintesi, la sua leggerezza, il suo amore per il prossimo, si mescolano in maniera armonica ad un tocco di delicata umanità.

La vita è bella è quasi una favola, non priva della sua morale: gli eroi ci sono, ne sono usciti provati, ma vincitori comunque, perché per quanto fragile possa essere l'esistenza, non bisogna perdere la speranza e la forza, come in un gioco. 

Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia